mercoledì 1 maggio 2013

E lo chiamano amore…


Un uomo, una  donna un giorno qualunque, speciale per loro, si incontrano, si innamorano. Passano i giorni, gli anni, l’amore (era amore?) finisce, l’equilibrio, l’armonia fra i due si interrompe. L’uomo e la donna sono diversi, anche quando un equilibrio non c’è più la donne se ne inventa uno, per se stessa, per i figli, per sopravvivere, addirittura per quell’uomo che una volta la amava e adesso invece la riempie di botte, la insegue ovunque per regalarle paure, minacce e tutto questo per un periodo sempre troppo lungo. Se parla, se denuncia la ascoltano ma la storia non cambia. Le botte si fanno sempre più dure, insostenibili. La donna ha paura. Prima denunciava, poi non lo fa più. E’ disperata, la vita non è più vita, non ce la fa più e un giorno decide che basta, che la sua vita la voleva diversa e qualche minuto dopo questa decisione la sua vita finisce. E’ una storia recente, non voluta ma subita dalla vittima. Un paese, una nazione la si definisce civile qualora ci siano delle leggi che tutelano le vittime, in questo caso specifico le donne, dagli abusi e dalle violenze il più delle volte domestiche. A questo punto possiamo dichiarare che il nostro paese non lo è. Ci indigniamo quando sentiamo parlare di tanti paesi dove i diritti civili sono calpestati, ma non ci indigniamo a sufficienza per modificare leggi troppo leggere nei confronti di questi carnefici. Mi auguro che chi ci governa sappia essere giusto e coraggioso nel dire basta a questo massacro quotidiano fino ad ora sottovalutato.