lunedì 12 dicembre 2022

Mani

 

Quanto ci mancano le mani?

Mani che accolgono.

Mani che stringono.

Mani che infondono fiducia.

Mani che scavano nel cuore.

Mani intrecciate.

Mani che giocano.

Le mani del mio migliore amico.

Mani aperte.

Mani strette in un abbraccio.

Mani chiuse in un pugno.

Mani giovani e lisce.

Mani vissute.

Mani rugose.

Mani ossute.

Mani bianche.

Mani mai ferme.

Mani che accarezzano.

Mani graffiate.

Mani nere.

Le mani di mio fratello, il mio paracadute.

Mani da stringere.

Mani da lasciare andare.

Mani che coltivano.

Mani che suonano.

Mani che sollevano.

Le mani di mia madre che lavorano a maglia.

Le mani di un girotondo.

Mani che ricamano.

Mani che lavano.

Mani che seguono le parole.

Le mani tra i capelli.

Mani che nutrono. 

Mani che tremano.

Mani che si incontrano.

Mani.

martedì 3 maggio 2016

La vecchia.


Come ogni sera la vecchia stese la tovaglia e apparecchiò per lei sola.
Si versò la minestra nel piatto ed incominciò a mangiare.
Ma dopo aver portato il primo cucchiaio alla bocca si sentì mancare.
Respirò profondamente ed in preda ad una improvvisa angoscia ripercorse mentalmente tutti i momenti della sua vita.
Tutto ricordava.
Aveva una memoria di ferro.
Era il suo unico vanto: mai aveva scordato un compleanno o un anniversario, le date scorrevano nitide nella sua mente.
Ora stava male. Sentiva che era giunta la sua ora.
Il mattino dopo telefonò al suo medico.
Fece il numero senza consultare alcuna rubrica, non ne possedeva vista la sua memoria. Gli descrisse il sintomo del suo malessere, ma la risposta del medico la avvilì ulteriormente:
Non c’è nulla di cui preoccuparsi, sono i mali dell’età, dopotutto ha 83 anni…”
Decise allora di chiamare tutti i suoi figli per invitarli a cena la sera stessa, l’ultima cena.
Preparò tutto in modo ineccepibile. Il cibo era squisito. I figli la attorniavano con amore, ma lei era triste. Di una tristezza inspiegabile per i suoi figli che la vedevano così strana.
Finita la cena salutò tutti come se li vedesse per l’ultima volta.
Rimise tutto in ordine e si coricò a letto.
La trovarono ancora lì il giorno dopo.
Mettendo in ordine la casa dopo il funerale uno dei suoi figli, ancora incredulo per quella morte improvvisa, trovò il diario della madre.
E’ giunta la mia ora, io che non ho mai dimenticato nulla, stasera per la prima volta, la minestra era senza sale.”

mercoledì 15 luglio 2015

RODOLFO

Una mia piccola storia, un caro amico che ci lasciava dopo una vita passata a costruire navi, non abitava in un faro, non si chiamava Rodolfo e la moglie era una presenza forte ed è ancora una delle persone a cui sono più affezionata, ma quando se ne è andato l'ho immaginato in quel faro a guardare il mare.

  


   Il faro era lì da tempo immemorabile.

Anche Rodolfo sembrava fosse lì da un tempo infinito anche se ci era andato a vivere soltanto pochi anni prima.

 
Con il binocolo appoggiato agli occhi scrutava l’orizzonte in cerca di chissà che cosa.

Vedeva navi passare, navi da ricchi che conosceva bene, e navi da disgraziati, che aveva imparato a conoscere da poco.

A volte solo il nulla, una distesa calma o nervosa, sempre di colori diversi, dal blu all’azzurro passando per tutte le tonalità intermedie. Dipendevano dall’umore che il mare aveva in quel momento.

Silenzioso o assordante il mare segnava le ore delle sue giornate.

 Un tempo aveva sognato di esplorarlo, partire senza una meta ad incontrare terre e genti, adesso non aveva desideri, lo guardava e basta.

Un tempo aveva un figlio ed una moglie, adesso il figlio se ne era volato in America affidando ad un biglietto aereo di sola andata tutte le sue speranze di un futuro diverso, e la moglie era una presenza invisibile che lo amava per quello che era anche se era diverso dall’uomo che aveva sposato tanti anni prima.


In lontananza una di quelle navi che conosceva come le sue tasche, solo che le sue tasche non erano così piene di denaro.

Aveva lavorato in un cantiere navale, aveva saldato migliaia di pezzi di ferro fino a farli diventare quegli oggetti preziosi che ora gli passavano davanti.

Giornate scandite dalle sirene che chiamavano gli operai al lavoro e li congedavano.

Lunghe giornate al caldo e al freddo, spezzate da un panino o da una pastasciutta portati da casa, un quarto di vino, due chiacchiere tra compagni di lavoro che si concentravano sempre sulle basse paghe, sul governo che non andava mai bene, qualunque fosse, e sull’ultima partita di calcio.

Alla fine il varo, le foto sui giornali, le facce meravigliate della gente comune che vedeva uscire dal cantiere sontuose città galleggianti con negozi e piscine, casinò e ristoranti, stanze da letto dove potevano viverci quattro persone.

Città che sarebbero state abitate per brevi periodi da altre genti troppo diverse da chi restava abbagliato nel vedere tanto sfarzo.

E che dimenticava davanti a quello spettacolo il sudore e le bestemmie con cui era stato realizzato.

Rodolfo pensava a tutte queste cose mentre con il suo binocolo seguiva il volo di un gabbiano.

E pensava anche a quando, giovane uomo, aveva accolto con gioia la possibilità di lavorare in quel cantiere: in tempi in cui avere un lavoro sicuro era così difficile, era stato come vincere un terno al lotto.

Aveva visto troppi suoi amici fare le valigie e senza nulla in tasca se non un biglietto del treno e la speranza di una opportunità migliore, partire per la Svizzera o la Germania.

Aveva poi ricevuto le loro lettere che gli narravano come le speranze si vanno a frantumare in una realtà di  fallimenti e umiliazioni.

Ed ora aveva troppo spesso la visione di quelle illusioni sotto gli occhi, rappresentate da navi e gommoni fatiscenti che approdavano carichi di dolore sulla costa sotto la luce del suo faro.

E ogni volta la scena era la stessa: facce spaurite, esauste, incredule di essere ancora vive o in lacrime per chi alla riva non c’era arrivato.


Era stanco Rodolfo, lui che era stato sempre un uomo energico, mai spaventato dalla fatica, sempre pronto ad offrire le sue forti braccia a chiunque gliele chiedesse.
 

Guardava il mare chiedendosi se oltre quell’orizzonte potesse trovare un po’ di pace.

Ma quella linea invisibile che separava il cielo dalla terra, non gli dava le risposte che cercava.

Sonia Vigna 2008


Mani


A chi A cosa servono le mani bimbo mio
Ti spiego anche se son bambino anch'io
Le Mani sono il mondo l' universo
Il tempo ritrovato il tempo perso.
Tozzi 1980

domenica 3 novembre 2013

eremiti


la serata si fa molto interessante
il cielo si fa strada di eremiti
che vagano alla ricerca di qualcuno
a cui accompagnarsi
incerti se rimanere in compagnia
di loro stessi o soli con qualcun altro

mercoledì 1 maggio 2013

E lo chiamano amore…


Un uomo, una  donna un giorno qualunque, speciale per loro, si incontrano, si innamorano. Passano i giorni, gli anni, l’amore (era amore?) finisce, l’equilibrio, l’armonia fra i due si interrompe. L’uomo e la donna sono diversi, anche quando un equilibrio non c’è più la donne se ne inventa uno, per se stessa, per i figli, per sopravvivere, addirittura per quell’uomo che una volta la amava e adesso invece la riempie di botte, la insegue ovunque per regalarle paure, minacce e tutto questo per un periodo sempre troppo lungo. Se parla, se denuncia la ascoltano ma la storia non cambia. Le botte si fanno sempre più dure, insostenibili. La donna ha paura. Prima denunciava, poi non lo fa più. E’ disperata, la vita non è più vita, non ce la fa più e un giorno decide che basta, che la sua vita la voleva diversa e qualche minuto dopo questa decisione la sua vita finisce. E’ una storia recente, non voluta ma subita dalla vittima. Un paese, una nazione la si definisce civile qualora ci siano delle leggi che tutelano le vittime, in questo caso specifico le donne, dagli abusi e dalle violenze il più delle volte domestiche. A questo punto possiamo dichiarare che il nostro paese non lo è. Ci indigniamo quando sentiamo parlare di tanti paesi dove i diritti civili sono calpestati, ma non ci indigniamo a sufficienza per modificare leggi troppo leggere nei confronti di questi carnefici. Mi auguro che chi ci governa sappia essere giusto e coraggioso nel dire basta a questo massacro quotidiano fino ad ora sottovalutato.

domenica 25 novembre 2012

dove andiamo in vacanza? 1

La Marca Trevigiana
itinerario attraverso la provincia dei colori
La Marca Trevigiana è un territorio tra i più belli e interessanti d’Italia per la varietà di offerte che rivolge al turista. Il capoluogo Treviso, soprannominato “la città dipinta” per l’abbondanza di affreschi e decorazioni che lo caratterizzano, è una città che non si può fare a meno di visitare perché offre al turista sia una enorme varietà di chiese e palazzi storici, sia il fascino del fiume Sile che l’attraversa con un dedalo di canali rendendola una suggestiva città  d’acqua. La provincia che la circonda offre al visitatore la scoperta di cittadine che sono delle autentiche opere d’arte: Asolo, con la sua rocca ciclopica dell’epoca preromana, la sua Cattedrale ed i suoi palazzi storici, città natale di Eleonora Duse; Possagno, città natale del Canova, dove, nella gipsoteca si conserva il materiale dell’artista; da non perdersi una visita a Crespano, Castelfranco Veneto, San Zenone degli Ezzelini, Montebelluna e il Montello, ognuno dei quali possiede tesori da scoprire ( ville Venete, teatri, musei, paesaggi che non hanno paragoni). Risalendo verso l’Alta Marca troviamo le città di Conegliano  e Vittorio Veneto, la prima famosa per aver dato i natali al Cima e per il suo vino Prosecco conosciuto in tutto il mondo, la seconda legata indissolubilmente alla Grande Guerra, caratterizzata dal volto signorile dei suoi due centri storici, Ceneda e Serravalle. La visita prosegue con la strada panoramica fra le colline e le Prealpi, che da Vittorio Veneto porta a Valdobbiadene, passando per i magici Laghi di Revine e Tarzo, il centro storico di Cison di Valmarino con il suo castello, Follina con la sua Abbazia, il suggestivo abitato di Miane per arrivare a Valdobbiadene, indiscussa capitale dei vini Prosecco e Cartizze. Infine due estensioni dentro la natura: le suggestive Grotte del Caglieron a Fregona e il Bosco del Cansiglio, antichissima foresta e splendida riserva naturale. Tutti questi itinerari sono accompagnati da una tradizione enogastronomia che rende la visita ancora più piacevole per la varietà della cucina tipica e per i vini che la accompagnano.
L’intero territorio della Marca Trevigiana è percorso da innumerevoli sentieri e strade poco o nulla trafficate e quindi si presta anche ad un turismo dolce, a cavallo, a piedi e in bicicletta.

lunedì 30 luglio 2012

la fine del mondo

aspettando la fine del mondo
il mondo cercherà di non finire
ma un colpo di fulmine
lo farà innamorare della vita
e la fine del mondo
dovrà aspettare ancora un pò

capita

capita molte volte
ma non lo riconosciamo mai
il nostro egoismo
lo teniamo in mezzo alla voglia
di non sembrare quello che mostriamo

il cielo

il cielo è nuvoloso
forse arriverà un temporale
forse non sarà solo nel cielo